Ormai lo abbiamo capito, ciò a cui stiamo assistendo in queste settimane non ha termini di paragone nei tempi moderni. Questo significa che il nostro modello sociale sta sperimentando una serie molto ampia di ‘prime volte’, che vanno dall’ormai tradizionale smart working ai compleanni in videoconferenza (smart birthday party?), passando probabilmente per un virtual Easter lunch (pranzo di Pasqua virtuale) che, immagino, farà storcere il naso anche ai meno tradizionalisti tra noi.
In pratica, stiamo assistendo alla nascita di una nuova specie: il Cigno (N)Zero.
Perché? Beh, se Nassim Nicholas Taleb ha utilizzato questa metafora per descrivere un evento imprevisto ad alto impatto, noi possiamo usare il Cigno (N)Zero per descrivere un evento imprevisto, ma già in corso, con un tasso di contagio/propagazione elevatissimo e un effetto devastante sulla nostra società.
Come sappiamo la situazione è ormai totalmente fluida, imprevedibile su orizzonti brevi, e come noi stiamo affrontando situazioni totalmente nuove come l’autoisolamento nella nostra vita privata, le aziende si trovano ad operare in acque quasi completamente sconosciute e devono affrontare tematiche assolutamente nuove.
Tra le varie novità, le aziende stanno sperimentando, spesso appunto per la prima volta, un modello organizzativo totalmente fluido, fatto di incertezze e soluzioni di emergenza, che in molti casi prevede la chiusura delle unità produttive, come obbligo imposto dai recenti provvedimenti del Governo, e in molti si stanno già chiedendo: come sarà la ripartenza? Quanto ci vorrà a riprendere il normale flusso produttivo?
A mio parere il ‘normale’ flusso produttivo non esisterà più.
Intendiamoci, usciremo sicuramente da questa emergenza, ma molte cose dovranno essere ripensate, e tra queste sicuramente dovremo ripensare il modo di fare impresa, quindi ciò che fino a poche settimane fa era la normale attività produttiva cesserà di esistere per come la conosciamo, trasformandosi in qualcosa di nuovo che, diventando lo standard, diventerà la ‘nuova normalità’.
Ma perché dobbiamo ripensare tutto? E come arriveremo a definire il nuovo modo di fare impresa?
Iniziando dal perché direi che è semplice. La pandemia globale che stiamo osservando identifica, come assolutamente possibili, eventi ad alto impatto sociale che hanno, tra le altre nefaste caratteristiche, quella di avere una capacità di diffusione rapidissima ed un impatto di livello globale, quindi purtroppo non possiamo dare per scontato che questa sarà l’ultima emergenza da affrontare (per approfondimenti CLICCA QUI).
Sul come saranno definite le nuove modalità operative ci sono tante ipotesi, e credo si possa fare un ragionamento per gradi. Tra le tesi più accreditate si sente parlare di ripartenza a scaglioni per età dei lavoratori, per settore di attività aziendale, di ripartenza a singhiozzo e chi più ne ha più ne metta. E questo sottolinea ancora di più, qualora ce ne fosse bisogno, di quanta incertezza c’è ancora circa la ripartenza, a partire dalla data che nessuno ad oggi è in grado di prevedere con certezza.
D’altro canto non è sano pensare di arrivare alla data della ripartenza e non avere un piano strategico e operativo per la ripartenza.
Secondo me, per arrivare ad un assetto stabile, ci vorrà tempo e molto probabilmente si dovranno fare diversi tentativi, ma credo sia realistico ipotizzare il passaggio di tre fasi distinte: l’emergenza, il ripristino ed infine la ‘nuova normalità’.
Ognuna di queste tre fasi ha caratteristiche ben identificabili, e confini che si riescono a intravedere da quasi tutti i punti di vista, con la sola assenza eccellente della certezza della durata, se non altro perché ancora ci muoviamo nell’ambito della novità assoluta, almeno per quanto riguarda emergenze di questa portata, e quindi non ci sono esperienze pregresse, in tempi moderni, con cui fare paragoni realistici.
Di fatto si tratterà di creare un percorso a fasi che rimanga fluido, in modo da potersi adattare al cambiamento delle esigenze, mano a mano che se ne scopriranno di nuove, pur rimanendo allineato in direzione dell’obbiettivo finale, che è quello di ripristinare una attività produttiva sostenibile.
Nell’immagine qui sotto potete vedere quella che secondo me è una rappresentazione sensata di queste tre fasi, ognuna con le sue caratteristiche principali. Va da se che i tempi indicati sono da ritenersi assolutamente indicativi, anzi, oserei dire esplorativi per meglio far capire il livello di incertezza su cui si poggiano.

(Continua)…
Carlo Rossi – Chief Innovation Advisor – BU42 – NETCOM
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