Dal 21 aprile 2022 NETCOM diventa

WEGG_color_payoff_3cm_white
Business Continuity

L’arrivo del Cigno (N)Zero: potenziali modelli operativi della nuova emergenza globale. (3/3)

Se vuoi leggere la prima parte dell’articolo clicca QUI.

Se vuoi leggere la seconda parte dell’articolo clicca QUI.

Primo scenario. Abbiamo implementato un nuovo modello operativo, più agile e più mobile, utilizzando del tutto o in parte l’infrastruttura che abbiamo dovuto utilizzare nella fase di emergenza. Grazie a questa esigenza alla fine ci siamo convinti che era il caso di diventare più agili, avere molto smart working anche dopo la fine dell’emergenza. In questo caso dobbiamo organizzare, se non lo abbiamo già fatto, un supporto per gli utenti remoti, forse anche a livello internazionale a seconda della nostra estensione territoriale, e abbiamo una certezza in più: non vogliamo farci trovare impreparati se una situazione simile si dovesse ripetere.

Secondo scenario. Siamo ritornati a lavorare esattamente come prima. Per noi lo smartworking aggiunge complessità senza aggiungere valore, quindi non aveva senso mantenerlo operativo una volta finita l’emergenza, ma proprio per questo abbiamo elaborato una certezza: non vogliamo farci trovare impreparati se una situazione simile si dovesse ripetere.

Sì, perché a prescindere da come abbiamo reagito fino ad ora, il fatto che il coronavirus nel nostro Paese lo abbiamo debellato, ancora non ci consente di escludere del tutto che ci siano casi di contagio di ritorno che possano far scoppiare un nuovo focolaio, ma soprattutto, non possiamo escludere che ci sia un nuovo virus all’orizzonte destinato a ripetere lo stesso copione con altissimi gradi di diffusione, contagio e magari con una violenza ancora maggiore.

Quindi cosa fare?

Diventa inevitabile, a prescindere dalla strategia di ripristino che abbiamo attuato all’inizio della seconda onda, sviluppare una strategia di Business Continuity in grado di garantirci una migliore capacità di reazione in situazioni potenzialmente catastrofiche, e nella prima fase della terza onda dobbiamo necessariamente progettare la nostra strategia, e ovviamente vorremo fare le cose come si deve, partendo dall’obbiettivo che vogliamo raggiungere e considerando i vincoli di costo, opportunità, le competenze interne e quelle che dobbiamo procurarci all’esterno della nostra organizzazione, in pratica dobbiamo rendere la nostra organizzazione resiliente nei confronti di scenari, anche sociali, che fino ad oggi ci sembrava assolutamente improbabile che potessero verificarsi.

Varie strade possono portare a risultati ottimali, ma rimane l’imperativo di seguire un processo strutturato, che consenta quindi un approccio sistemico al problema, ottimizzando anche i costi di realizzazione della nostra strategia. Saranno perseguiti obbiettivi in termini di efficacia, ma anche di agilità, versatilità e durata. Di certo un framework organizzativo per la Business Continuity, come ad esempio la ISO 22301, consentirà una efficacia molto elevata, sia in fase di progettazione sia in fase di esecuzione, senza dover improvvisare soluzioni “sperimentali”, e suggerirà come requisito per la progettazione, oltre alla disponibilità di competenze ben specifiche in area Business Continuity, uno studio approfondito di situazioni pregresse che abbiano similitudini con le minacce che si vogliono contrastare con il processo di Business Continuity.

Progettare un modello di Business Continuity non è una banalità, e molto probabilmente varrà la pena tornare in seguito sull’argomento, nel frattempo tuttavia è bene ricordare che tra le molteplici valutazioni da fare ci sarà sicuramente da riconsiderare l’orizzonte organizzativo dell’azienda, visto che, se dovrà essere attuato un piano di emergenza, è molto probabile che le infrastrutture fisiche ed informatiche non saranno esattamente le stesse e questo comporterà, tra le varie cose, una variazione del profilo di rischio sia durante l’esecuzione dei test del piano di Business Continuity, che durante la sua eventuale attuazione reale.

Una delle componenti fondamentali di una struttura di Business Continuity è sicuramente la Business Impact Analysis (BIA), che avrà l’obbiettivo di fotografare l’operatività dell’azienda in termini di relazioni tra processi, informazioni e la loro criticità per l’operatività aziendale, asset, risorse umane e obiettivi strategici. Se ben fatta, una BIA diventa uno strumento di gestione delle strategie fondamentale.

Un altro aspetto fondamentale sarà la creazione di un Incident Response Team (IRT) che potrà essere composto da personale interno e/o esterno con competenze specifiche sulla operatività di emergenza.

Una volta completata la progettazione del modello di Business Continuity post COVID-19 da attuare diventerà cruciale la sua implementazione, che dovrà passare attraverso situazioni delicatissime, in cui si dovranno gestire resistenza al cambiamento, ostruzioni organizzative, revisioni di budget e molto altro.

Uno degli aspetti cruciali sarà la dedizione dell’organizzazione al progetto Business Continuity Management (BCM) nel suo insieme. Spesso le organizzazioni tendono a diminuire la spinta verso l’implementazione di un progetto, rischiando così di perdere di vista l’obbiettivo principale del progetto stesso, ossia la resilienza stessa.

Va da sè che se la progettazione del piano di Business Continuity sarà adeguata, anche l’implementazione non avrà intoppi, garantendo così un livello di resilienza coerente con gli obiettivi dell’azienda.

A questo punto abbiamo implementato, e reso operativa, la nostra strategia di Business Continuity. Possiamo stare tranquilli? Ancora no. Vediamo perché.

All’inizio di questo articolo siamo partiti da alcune considerazioni, e tra queste svettava per novità l’assenza di riferimenti storici, dovuta al fatto che una situazione come quella che stiamo vivendo non ha paragoni nella storia recente. Di fatto questo ci porta, nella terza e ultima fase della terza onda, alla necessità di un confronto continuo con la variabilità del panorama che ci troviamo davanti, e grazie a questa esigenza avremo sempre chiaro quale può essere lo spazio per il Continual Service Improvement da adottare, per fare in modo che la nostra operatività sia sempre allineata con gli obiettivi strategici aziendali che a loro volta, vista la elevata variabilità della situazione, saranno suscettibili di potenziali variazioni con una frequenza maggiore rispetto al passato.

Quelli che abbiamo discusso sin qui sono solo alcuni dei molteplici scenari con cui potenzialmente ci confronteremo nei prossimi mesi, ed è quindi indispensabile mantenere un livello di astrazione abbastanza elevato prima di fare scelte organizzative, questo ci consentirà di avere una percentuale di successo nella attuazione delle nostre strategie molto maggiore.

Ora più che mai è doveroso abituarsi all’idea che l’unica costante rimasta è l’esigenza del cambiamento.

Carlo Rossi – Chief Innovation Advisor – BU42 – NETCOM

1 commento su “L’arrivo del Cigno (N)Zero: potenziali modelli operativi della nuova emergenza globale. (3/3)”

  1. Pingback: Il Cigno (N)Zero: e adesso via libera al vero cambiamento. Come?

I commenti sono chiusi.